Una giornata imprecisata di fine ottobre. Il sentiero è breve ma presenta alcuni ostacoli, per via dell’attrezzatura, due cavalletti, lo zaino per le lenti, proiettore, camera, macchina fotografica. C’è una strettoia tra due massi, siamo solo in due – io e Davide che filmerà di volta in volta - e facciamo più rumore di quanto non vorremmo. Lungo la strada erano parcheggiate diverse macchine, ma ora che ci addentriamo nel bosco, non si vede nessuno. Arrampicatori probabilmente. Elia mi aveva mostrato, appena due settimane prima, le prese sulla roccia.

Dopo una breve discesa ecco la radura di fronte a noi, c’è un capanno aperto e oltre la recinzione di legno, gli scavi.

Delle proiezioni che faremo ci sono alcuni luoghi che accolgono con più facilità la trasposizione di immagini. Di altri, come questo, mi attrae una certa indefinitezza, il fatto che un fotogramma possa scomporsi quasi del tutto, ai limiti della comprensione, in un procedimento che è all’opposto di quello che l’ha generato.

Sul finire della radura, c’è un telo bianco che copre i resti di quelli che sembrano mura, forse di una casa? appena due fila di pietre, a secco. Attendiamo il calare della sera ragionando sull’ampiezza del campo inquadrato, eppure è impossibile stabilire con esattezza cosa si vedrà.

Il buio arriva improvviso. Ci accorgiamo solo ora di un nido di rapaci a ridosso di un castagno poco lontano e ascoltiamo i cinghiali passare sotto la scarpata.

 

Grazie a: Elia Fontana, Margherita Fontana, Registro degli Alberi Monumentali

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