Ricordo con precisione il giorno in cui con Petrò siamo andati a filmare nei boschi a ridosso del paese. Era primavera inoltrata e faceva caldo. Quell’anno avrebbe compiuto ottantatré anni, tuttavia procedeva senza incertezze e faticavamo a stargli dietro. Era quasi infastidito dal fatto che ci dovessimo fermare di frequente, che gli chiedessimo d’aspettare per poterlo filmare. Ci disse che conosceva quei sentieri così bene che avrebbe potuto percorrerli passo dopo passo anche ad occhi chiusi. C’era in quel bosco una radura circondata da rocce chiare coperte di muschio, una radura come tante altre, ma lì, un giorno di molti anni prima, la vita di Petrò aveva cambiato corso.

Riformulare un racconto, mutando gli addendi, mettendo in consonanza geografie lontane ed altre vicine.

Raggiungiamo il masso che si trova nei dintorni della rocca di Olgisio. Qui non ci sono abeti, ma giovani castagni. Dev’essere tardi, l’odore del fumo dei camini si mescola a quello del fogliame e ho freddo fin dentro alle ossa. Difficilmente qualcuno passerà per il sentiero, con molta probabilità saremo gli unici spettatori.

Di quel giorno, in Ucraina, ricordo la distanza improvvisa che si era creata non appena iniziammo a filmare. Petrò non stava parlando a noi, ma a un pubblico invisibile in ascolto. Le parole si cristallizzavano, come svuotate di ricordi e umori, per meglio incidere la sua testimonianza a chi l’avrebbe accolta.

Grazie a: Elia Fontana, Margherita Fontana, Registro degli Alberi Monumentali

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