In macchina, alla radio, ascoltiamo le ipotesi sul nuovo decreto che verrà emanato a breve. È ancora tutto molto confuso: si parla di isolare alcune regioni, suddivisione a zone, mobilità limitata. Inevitabile il raffronto col sopralluogo di una decina di giorni fa quando siamo venuti per la prima volta con Claudia e Nicolò; si intuiva già allora cosa sarebbe accaduto, ma il rapido crollo della situazione mi ha preso, di nuovo, alla sprovvista. I cinema sono chiusi da più di una settimana. Entriamo dalla platea e iniziamo a preparare l’attrezzatura: date queste premesse, proiettare mi sembra un atto necessario, ora più che mai.

Il teatro Sociale Gualtieri è stato restaurato dopo anni di abbandono grazie alla tenacia di un gruppo di ragazzi che ancor oggi, a distanza di anni, lo gestisce e col fondamentale aiuto degli abitanti del paese. È un teatro atipico in cui la scena è ribaltata e solitamente il pubblico siede dove una volta c’era il palcoscenico. In questi mesi, com’è accaduto per molte compagnie teatrali, gli spettacoli si sono dovuti svolgere all’aperto, fuori dagli spazi tradizionalmente deputati alla rappresentazione. Proietteremo in due luoghi, per restituire almeno in parte la complessa stratificazione storica di un edificio che è stato prima palazzo, poi teatro, abitazione e un frequentato cinema a luci rosse.

Osservo le prime immagini che si disegnano sull’intonaco scurito dalla polvere: appaiono in tutta la loro fragile esistenza, di frammenti raccolti tempo addietro, svincolati dal sottile filo narrativo che li univa e che dava loro una direzione precisa. Come isole appena emerse o sul punto di sprofondare.


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Atto VI

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Atto VIII